L'INGANNO
DEI SENSI
di
Gabriele Rago - Campobasso
La
fisica contemporanea, benché molti fisici anche noti ed affermati
sembrino essere di parere contrario, non è affatto galileiana. Ciò,
tuttavia, non vuol dire che il metodo portato alla luce da Galileo e
nella sua sostanza ribattezzato modernamente "problem solving"
abbia cessato di caratterizzare la Scienza e di essere pienamente
valido e produttivo, ma si riferisce al fatto che la visione che
oggi abbiamo del significato e delle finalità dell'attività
scientifica è profondamente diversa da quella del grande pisano.
Per
Galileo e per quanti ne hanno condiviso e sviluppato il pensiero
esiste indiscussamente una realtà esterna allo studioso della
natura, la quale è articolata secondo sue precise leggi espresse in
caratteri matematici (realismo ingenuo). L'osservatore è
solo un notaio della situazione il quale, se ipotizza qualcosa di
suo non riferibile a questa realtà assoluta, commette un errore,
che destituisce di senso e di valore il suo costrutto mentale.
Però
la speculazione filosofica, che si è subito interessata
criticamente del Metodo oltre che contribuire al suo affermarsi, ha
messo in evidenza che al momento dell'ipotesi il soggetto costruisce
di fatto una sua propria realtà, che poi prova a mettere in
corrispondenza con quella esterna (dualismo cartesiano), senza
di che la conoscenza si ridurrebbe a pura e semplice abitudine
mentale (scetticismo).
Senza
arrivare agli estremi opposti dell'idealismo, che nega addirittura
l'esistenza di una realtà esterna alla dinamica del soggetto, è già
decisamente chiara e risolutiva la posizione di Emanuele Kant, il
quale, pur riconoscendo a tale realtà o "cosa in sé" la
funzione di stimolo alla conoscenza, in effetti poi la dichiara pensabile
ma non conoscibile (noumeno) e risolve
tutta l'attività conoscitiva nelle strutture che il soggetto
realizza, imponendo all'esperienza le sue categorie.
D'altra parte, il sempre più frequente rivelarsi
inadeguate di teorie per un certo tempo ritenute ben collaudate ed i
progressi della psicologia sperimentale hanno indotto la stessa
scienza galileianamente costruita a ricredersi sull'effettiva
possibilità di capire un eventuale mondo esterno e di carpirne le
leggi, ove mai esistessero. Si è chiaramente visto che anche il più
elementare atto conoscitivo, quale è la percezione, risulta
fortemente intriso di teoria, nel senso che percepiamo non ciò
che è ma
ciò che vogliamo che sia, a
seconda della nostra natura, della nostra convenienza e della nostra
esperienza pregressa. Una teoria rimane sempre una proposta del
ricercatore che, malgrado le più o meno numerose verifiche, non
potrà mai trovare una conferma definitiva (crisi dell'induttivismo
ingenuo) e, con buona pace di Popper, nemmeno una falsificazione
definitiva. Quelle che chiamiamo leggi dell'Universo sono in realtà
strutture che noi diamo alle esperienze effettuate ed effettuabili,
per inquadrarle tutte
in uno schema coerente, anche al fine di una attendibile ma
non assolutamente certa previsione (crisi del determinismo).
La
Scienza, quindi, non si pone più il problema dell'esistenza e della
conoscenza di una realtà assoluta, ma solo quello di costruire
strutture coerenti e funzionali (realismo funzionale),
con che si colloca all'opposto dell'ormai tramontato realismo
ingenuo di Galileo.
Si potrebbe obiettare che queste considerazioni
sono più opportune in ambito di filosofia della Scienza ed hanno,
invece, scarsa rilevanza in quella che è l'effettiva costruzione
scientifica. Però a queste obiezioni si può e si deve opporre che
le più caratterizzanti conquiste della fisica contemporanea quali
la relatività, la quantistica ed anche le relative significative
ricadute tecnologiche (si pensi all'energia nucleare) sono state
rese possibili solamente perché menti arditamente creative hanno
saputo concepire mondi profondamente diversi da quelli che
sembravano essere suggeriti dalla comune ed ormai troppo
contraddittoria evidenza sperimentale.
Se
ciò è vero, è vero anche che educare i giovani alla Scienza non
consiste tanto nell'imbottirli di definizioni e di leggi, quanto nel
promuovere in loro adeguati atteggiamenti ed opportune
consapevolezze, che li portino a vivere l'attività ed i risultati
scientifici per quello che veramente sono e stanno a significare.
A
dire il vero, il problema didattico è troppo ampio e complesso
perché lo si possa condensare nei confini di un articolo, ma, al
solo fine di chiarire il nesso tra le considerazioni fatte ed il
concreto svolgersi dell'azione educativa, sarà opportuno riportare
qualche esempio.
Ai problemi della percezione alcuni testi, per lo
più diretti alla secondaria di primo grado, dedicano una qualche
attenzione, riportando alcune situazioni già evidenziate dai
gestaltisti a sostegno delle loro tesi. Fra questi il disegno
mostrato in fig.1, nel quale i segmenti
AB e
CD, pur essendo congruenti, vengono percepiti come uno più lungo
dell'altro a causa della diversa alettatura.
Purtroppo,
però, questa situazione viene etichettata come un "inganno dei
sensi", con evidente riferimento ad una realtà assoluta e
incontrovertibile, che costituirebbe la verità di riferimento. Vale
e dire che si omette di evidenziare come, invece, l'esigenza di una
maggiore funzionalità, probabilmente suggerita dall'istinto di
sopravvivenza, ci induca a valutare più l'ingombro complessivo
della struttura che non la congruenza delle sue parti, cui
l'ingombro stesso psicologicamente si sostituisce. Si tratta quindi
di una scelta di interpretazione e di valutazione ma non di un
inganno. Il preteso ricorso alla misurazione non contraddice di
fatto la percezione, ma introduce nuovi diversi criteri di
valutazione con diverso valore di funzionalità, che non sono,
peraltro. più veri, visto che riposano sull'ammesso e mai provato
postulato del trasporto rigido.
Per
fare ancora un altro esempio, consideriamo quel fenomeno per il
quale, osservando a cinema o in televisione una carrozza che corre
in avanti, si percepisce nettamente che le sue ruote stranamente
girano lentamente all'indietro. Anche in questo caso gli sprovveduti
potrebbero parlare di inganno, sebbene, invece, si tratti ancora una
volta di una scelta di interpretazione. Infatti è noto che il moto
si ricostruisce proiettando vari fotogrammi in successione. Se,
quindi, (fig.2) sono a e b le posizioni di un raggio della ruota registrate
in due fotogrammi successivi, queste potrebbero riferirsi tanto ad
un moto progressivo che porta a in b, quanto ad un moto
retrogrado più lento che fa la stessa cosa, senza che l'una
situazione sia di per sé più accoglibile dell'altra. Pertanto, il
soggetto che osserva sceglie istintivamente la seconda per
semplici motivi di economicità.
Ed infine parliamo di televisione. Certamente
ognuno sarebbe disposto a giurare che le immagini più o meno
colorate, di cui siamo spettatori, si formano sul piccolo schermo là
dove sicuramente ci pare di vederle. Però ogni buon videotecnico sa
che, di fatto, lo schermo è sempre e soltanto totalmente nero ad
ogni istante, salvo un puntino, più o meno luminoso e volta per
volta diversamente colorato, che lo percorre velocemente per righe
da sopra a sotto, senza lasciare traccia di sé. Una macchina
fotografica, che consente esposizioni inferiori al centesimo di
secondo, può evidenziare questo dato di fatto. Si deve, quindi,
ringraziare la persistenza delle immagini sulla retina, se sulla
retina stessa può essere conservata per brevissimo tempo la storia
del puntino e può perciò essere ricostruita l'immagine che poi
viene riferita all'esterno. Si tratta allora di un inganno dei
sensi? Certamente no!, trattandosi solo di una interpretazione
inconsciamente ritenuta opportuna, anche ai fini di una migliore
comunicazione interpersonale. Infatti, tenuto conto che l'immagine
ricostruita è gestibile esattamente come le altre originate da
segnali che partono contemporaneamente da un dato oggetto supposto
reale, è del tutto in linea con la sua attività organizzatrice
delle esperienze e tutt'altro che un errore se il soggetto
percipiente con atto istintivo decide di scegliere per uniformità
la descrizione più semplice e considera contemporaneamente
presenti le sorgenti dei segnali ricevuti là dove, invece, esse si
manifestano in sequenza. Non diversamente dal fisico contemporaneo
che formula non la teoria più vera (ciò che oggi appare un non
senso) ma quella più semplice e funzionale.
Visto
poi che anche gli strumenti adoperati dal fisico e da questo
invocati come prova oggettiva spesso "vedono" delle realtà
costruite al loro interno e non altrimenti individuabili, è,
invece, il caso di chiedersi se gli oggetti, che riteniamo realmente
esistenti fuori di noi e dai quali ci sembra di ricevere immagini,
non siano anch'essi una proiezione esterna di ricostruzioni mentali
dirette o mediate, la cui effettiva origine nessun
“videotecnico” è ancora in grado di conoscere e rivelare.
Una proporzione chiamata divina
di Carmen Carano
(Istituto Tecnico Industriale G.
Marconi”-Campobasso)
Gli antichi la chiamavano la “divina
proporzione” perché ritenevano che fosse alla base di tutta la
Creazione. È la proporzione continua in cui il medio proporzionale
è una parte di un segmento (la sua ‘parte aurea”) e gli estremi
sono l’intero segmento e la parte rimanente:
Tale proporzione è
presente nelle forme più varie del Creato, da quella di conchiglie
di molluschi a quella di galassie a spirale, dalla spaziatura tra le
foglie lungo uno stelo e dei petali dei fiori all’accrescimento di
una pigna, dalla molecola del DNA ai rapporti tra le dimensioni del
corpo umano (tanto che oggi essa è usata persino nella chirurgia
plastica e nei concorsi di bellezza).
La “divina proporzione” sembra alla
base della percezione di equilibrio e armonia: da una indagine
condotta su più persone alle quali sono stati mostrati rettangoli
con diversi rapporti tra i lati, di fronte alla richiesta di
indicare quale avesse in loro prodotto una maggiore sensazione di
armonia, la preferenza, in modo netto, è andata al rettangolo con
rapporto tra i lati pari a quello aureo.
Il rapporto tra un segmento e la sua
parte aurea è sempre pari al numero irrazionale
(chiamato
così in onore di Fidia, progettista del Partenone di Atene, che lo
usò come canone estetico nella progettazione dell’opera:: da ciò,
probabilmente deriva, il senso di profondo equilibrio che essa
ispira) detto “numero aureo”, che ha affascinato studiosi di
ogni epoca per le sue numerose e particolari proprietà.
Storicamente le prime applicazioni del rapporto aureo
di cui si ha traccia risalgono a quasi 5000 anni fa, all’antico
Egitto: si trovano rettangoli aurei nella stele del re Get e nelle
piramidi. Ma i veri cultori del rapporto aureo furono i Greci:
Platone, nel
Timeo, dice che i tre termini di una proporzione divina sono
“tutti di necessità gli stessi e, poiché sono gli stessi, non
sono che uno”.
Nel
Rinascimento ci fu un’attenzione vivissima per il rapporto aureo
che rappresentò per tutti gli artisti del periodo un canone di
bellezza e di armonia per ogni composizione artistica (anche
musicale) e architettonica (La pubblicazione più nota sul numero
aureo, illustrata con disegni di Leonardo, è il “Divina
Proporzione”, del matematico frate francescano Luca Pacioli
(1445-1514)).
Sicuramente la percezione dell’armonia non si può
ridurre solo alla presenza di un certo rapporto tra le dimensioni,
ma viene da pensare che la naturale propensione per le forme in cui
il rapporto tra le dimensioni sia
quello aureo e il conseguente
utilizzo dello stesso nelle sue opere, sia per l’uomo uno dei modi
di tendere all’armonia del Creato e di tentare di riprodurla.
Società italiana di Scienze Matematiche e
Fisiche
Fondata nel 1895
CONVEGNO
DI
STORIA
DELLA MATEMATICA
Campobasso
13 – 14 marzo
2003
ÉVARISTE
GALOIS
“Genio e
incomprensione “
PROGRAMMA
GIOVEDI
13 marzo 2003 – ore 15.30
– Aula
Magna del Convitto Nazionale “M. Pagano” - Campobasso
q
Saluto:
prof. Andrea
Laforgia (presidente
della Mathesis Nazionale);
dott.ssa
M.Elena Toffolo (direttore editoriale Ed. Goliardiche)
q
Presentazione del libro:
12
COMPITI SCOLASTICI DI ÉVARISTE GALOIS
di
Sergio De Nuccio,
Edizioni
Goliardiche
Relatori
: prof.ssa Margherita
Barile (Univ. di Bari)
prof.
Mauro Palma (direttore di ITERdell’
I.E.I.)
q
“ Conseguenze della Teoria di Galois nella
matematica applicata moderna”
Relatore
: prof. Franco Eugeni
(Univ. di Teramo)
VENERDI 14
marzo 2003
– Aula
Magna Ist. Tec. Comm.
“ L.
Pilla” – Campobasso
q
10.00 – 12.30 Incontro con gli alunni delle Scuole
Secondarie Superiori:
“La
breve vita e i lavori scolastici di Évariste Galois”
Relatori : prof.ssa
Giuseppina Varone
(Univ. di Pescara)
prof. Sergio
De Nuccio (presidente
della sezione Mathesis di Campobasso)
q
15.30 – 18.30
Incontro con i docenti di matematica:
“ Le applicazioni della
Teoria di Galois nella matematica moderna”
Relatori :
Prof. Antonio Maturo (Univ.
di Pescara)
prof. Ioan Tofan
(Univ.“Al. I. Cuza”– Romania)
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