FEDERICO II E FIBONACCI

  Federico II e Leonardo Fibonacci dissertavano in modo divertente

ecco il contenuto delle epistole con risposte di Leonardo s Pisano, detto Fibonacci o "il bighello",  a  giochi matematici proposti da Federico  

 Quando alla vostra presenza, o gloriosissimo Principe Federico, il Maestro Giovanni panormita, vostro filosofo, trattò con me su molti argomenti matematici in Pisa, tra questi propose due questionari che si riferiscono sia  alla geometria che ai numeri delle quali la prima fu di trovare un certo numero quadrato a cui aggiunto o diminuito il numero cinque desse un numero quadrato, il qual numero quadrato trovai così come comunicai allo stesso Maestro Giovanni : 11 +2/3 +1/144.  

  Allorchè il Maestro Domenico mi condusse ai piedi di Vostra Altezza , o Gloriosissimo Principe e Signore Federico, in Pisa per presentarmi a voi poiché era presente Maestro Giovanni panormita, questi mi propose la questione seguente, pertinente sia alla geometria che ai numeri.  

storielle di Federico

Il problema degli uccelli : Stabilire il numero delle singole specie di uccelli sapendo che con trenta denari si sono comprati trenta uccelli e che tre passeri costano un denaro, due tortore costano un denaro, una colomba costa due denari.

Il problema della borsa :Quattro uomini trovarono una borsa con denaro, ciascuno a sua volta possedeva denaro. Decisero che il primo, con i denari della borsa , doveva avere il doppio del denari posseduti insieme dal secondo e dal terzo.Il secondo avrebbe avuto il triplo di quelli posseduti insieme dal terzo e dal quarto.Il terzo il quadruplo di quelli del quarto e del primo. Il quarto, infine, con i soldi della borsa avrebbe avuto il quintuplo di quelli del primo e del secondo insieme...   

 

Articolo tratto dalla GAZZETTA DI PARMA del 18/02/2001Un prezioso documento redatto da Federico II viene ad arricchire il patrimonio dell'Archivio di Stato

Una lettera che arriva 800 anni dopo  Federico II era partito per la caccia, il mattino del 18 febbraio 1248, tra un festoso latrare di cani, un accorrere di battitori, un tintinnare di armi e di sonagli dei cavalli bardati come per un torneo. Con lui il figlio Manfredi e una cinquantina di cavalieri tedeschi ed italiani. Mentre insegue la preda, a gara con i più valorosi dei suoi, sente la campana di Vittoria suonare a stormo con affrettati rintocchi d'allarme. Vittoria era la città di legno e pietra che egli aveva costruito vicino a Parma, sicuro non solo di vincere la resistenza dell'avversaria, ma anche di poterla sostituire con la nuova urbe di fondazione. Quel giorno il suo sogno brucia miseramente. Accorre al soccorso, ma ormai tutto è perduto. I Parmigiani hanno occupato il campo, ucciso 1.500 soldati imperiali, il doppio fatto prigioniero, trascinato il carroccio di Cremona in Duomo, trainandolo con gli asini, come scherno. Un giovane, di cui si ricorda solo il soprannome, Cortopasso, trascina la corona imperiale nella polvere e nella cenere di quella che era ormai Vittoria, come un inutile giocattolo. Se Federico fosse stato presente avrebbe certo potuto evitare i grossolani errori che avevano permesso ai Parmigiani di uscire dal loro assedio che durava da 232 giorni. Per l'imperatore inizia così una rapida decadenza. Muore improvvisamente a Castelfiorentino, vicino a Foggia, nel 1250, e con lui finisce una concezione dell'Impero Si tratta di un documento conosciuto solo per una trascrizione edita a metà dei Seicento da Ferdinando Ughelli, che però non aveva indicato dove l'originale fosse conservato.Il documento fu redatto il 18 marzo 1219 a Haguenau in Alsazia francese, nel dipartimento del Basso Reno. Un mese prima, il 19 febbraio, da Spira, l'imperatore aveva confermato al Comune di Parma i privilegi concessi dai suoi predecessori. L'originale di questo atto con il sigillo pendente in cera apparteneva già all'Archivio di Stato di Parma. Un mese dopo dunque Federico II con questo nuovo privilegio specificava che la precedente concessione al Comune in nessun modo poteva intaccare i privilegi tradizionali del vescovo di Parma, Obizzo Fieschi. Il documento era stato fatto ricopiare per ordine del podestà e del vescovo di Parma dal notaio Nicolò Dall'Alio, poiché l'originale rischiava di andare perduto per le cattive condizioni nelle quali si trovava, il 23 gennaio 1392.

  dalle pagine del sito ww.gioiamathesi.it del 1999